Ieri, nel Suo discorso a ricordo delle tremende stragi di Capaci e via d’Amelio, Lei richiamava alla ‘credibilità della Magistratura e la sua capacità di riscuotere fiducia’ ritenendole ‘imprescindibili per il funzionamento del sistema costituzionale e per il positivo svolgimento della vita della Repubblica‘.
Si rivolgeva anche direttamente ai giovani ‘segno di speranza per il futuro del nostro Paese’.
Non si può non essere d’accordo con Lei e non apprezzare il Suo discorso. Esso però, richiama ad altre riflessioni.
La fiducia nelle Istituzioni, nella Giustizia, si impara sin da piccoli, la insegnano i genitori, la scuola, e poi si sperimenta, giorno dopo giorno, via via che si diventa grandi.
La domanda è: ma tutti quei bambini traumatizzati nei tribunali del nostro Paese, strappati alla famiglia, alle madri in particolare, messi in comunità contro il loro volere, allontanati dal genitore con cui vogliono stare, spostati, per ordine del Tribunale, dal loro ambiente, dalla loro scuola, amici, chiesa, gruppo sportivo, persino dalla loro regione, a volte con un traumatico cambio anche di dialetto e spesso anche con l’interruzione improvvisa e totale di qualsiasi forma di contatto con la loro precedente vita ed i loro affetti…. cosa penseranno da grandi? Che cittadini diverranno?
Come stiamo crescendo i nostri bambini, futuri cittadini del nostro Paese?
Le pubblicazioni scientifiche già documentano lo sviluppo, nei bambini sottoposti a tali provvedimenti coercitivi, di una sfiducia totale nel sistema e nella Giustizia.
Gli studi dimostrano come la convivenza imposta dal sistema di Giustizia generi nei bambini una sorta di sensazione di ‘tradimento istituzionale’.
Come si può pensare che un bambino ‘tradito’ dalla Giustizia, dal Giudice che lo doveva proteggere, nei suoi affetti più cari, abbia poi, da grande, fiducia nella Giustizia? E diventi quindi, un buon cittadino?
Adesso che conosciamo, attraverso studi validati, gli effetti avversi dell’uso della punizione corporale e delle coercizioni per ottenere obbedienza, comportamenti fin troppo tollerati in molti Paesi, tra cui anche il nostro, risultano inammissibili decisioni che pongono un bambino contro il suo volere, coercitivamente, con una persona che rifiuta, padre o madre o altri che sia, per la previsione degli effetti negativi, ed a lungo termine, sulla sua salute che anche solo la punizione corporale dimostra di provocare.
Questo tipo di decisione è figlia diretta della vergognosa PAS e dei cosiddetti trattamenti per questa spazzatura proposti ed attuati da decenni nei Tribunali. In totale assenza di dati scientifici rassicuranti ed in presenza, sempre di più, di dati scientifici che documentano, invece, il danno diretto, grave, ‘quoad vitam’ e ‘quoad valetudinem’ provocato ai bambini. L’isolamento di un bambino con persone che non conosce o che rifiuta, già di per sé, può essere traumatico in più va a sommarsi al trauma dell’interruzione di tutte le precedenti relazioni.
Lo stesso Warshak, ideatore dei programmi di riunificazione denominati Family Bridge per bambini affetti da PAS, dichiara come sia ‘non infrequente che i bambini reagiscano urlando, rifiutando di andare, minacciando di scappare, singhiozzando istericamente, iperventilando’. Queste reazioni sono segno di gravissimo stress nei bambini sottoposti a queste scelte autoritarie e violente, degne di un buio medioevo e contrarie ad ogni principio della moderna psicologia infantile. È bene che i Magistrati e quanti hanno il potere di ordinare questi ‘prelievi’ ed ‘allontanamenti’, riflettano su quello che stanno ordinando e su a chi stanno dando ascolto!
Un ribaltamento di custodia, ben lungi dal risolvere i problemi di relazione che il bambino ha, avrà drammatiche conseguenze su di lui e certamente non sarà di alcuna utilità per lo sviluppo di una sana relazione col genitore rifiutato, visto che le visite possono essere imposte per Legge, come la convivenza, ma nessun Giudice potrà imporre l’amore, l’affetto, il rispetto che caratterizzano ogni sana relazione umana, soprattutto quella genitore/figlio.
È stato dimostrato, ma è anche esperienza comune, che il rifiuto di incontrare un genitore (o altri), quando non determinato da problemi gravi come l’abuso o la violenza, è un fenomeno autolimitantesi, che si risolve col tempo. Mentre, se i figli sono forzati, il rifiuto diventa stabile e duraturo. Un altro studio ha dimostrato sentimenti di grande rabbia ed odio in età adulta, verso padri che, da bambini, i giovani erano stati obbligati a visitare. Inoltre gli adolescenti che sentono rispettata la propria autonomia sono più capaci di prendere le distanze dai conflitti familiari e di iniziare un contatto significativo autonomamente anche col genitore rifiutato. Mentre altri autori confermano che un atteggiamento autoritario e repressivo è controproducente perché rinforza l’odio del bambino verso il genitore rifiutato e aumenta lo stress di un bambino già fragile.
Non parliamo poi del problema dell’errore diagnostico di violenza domestica o maltrattamento all’infanzia nel quale il Tribunale può incorrere non prestando ascolto ed attenzione al bambino.
In una revisione del 2013 su 27 casi in cui il Tribunale, credendo alla alienazione materna, aveva dato la custodia dei bambini al padre per poi revocarla quando finalmente si rese conto degli abusi da cui le madri avevano cercato di proteggerli, le Corti avevano interrotto, in molti casi totalmente, i contatti madre/figlio; i bambini trascorsero una media di 3.2 anni con l’abusante prima che il Tribunale si rendesse conto dell’enorme errore commesso ed invertisse nuovamente la custodia e vi fu, quindi, evidenza del deterioramento mentale dei bambini, del peggioramento delle condizioni cliniche con segni di ansietà, depressione, elementi dissociativi, segni di disturbo post-traumatico da stress, autolesionismo, propositi suicidari. Il 33% dei bambini tentò il suicidio, alcuni tentarono ripetutamente di fuggire ed altri finirono ricoverati in ospedali psichiatrici.
Non solo, questi bambini, in custodia a questi padri, ebbero anche molte meno chance di essere visitati e curati per gli effetti dell’abuso stesso ed arrivarono all’adolescenza con i segni del deterioramento delle condizioni cliniche e mentali esattamente come atteso in base agli studi sugli effetti degli ACEs (Adverse Childhood eventes) in età infantile.
Queste decisioni autoritarie sui bambini, proposte come ‘trattamenti’ dai seguaci della PAS in tutte le sue disgraziate nomenclature,e, disgraziatamente dai tribunali, prive di qualunque base scientifica, anzi sconfessate dalla Scienza ufficiale che ne dimostra la capacità lesiva, violano profondamente i più alti diritti civili della persona umana, ancorchè bambina, la normativa internazionale e gli ordinamenti giuridici degli Stati civili. Ordinare l’esecuzione di trattamenti coercitivi e scientificamente controindicati sull’infanzia, la cui moralità e la cui valutazione bioetica è tutta da discutere, costituisce una forma gravissima di malpractice professionale e configura un vero e proprio abuso all’infanzia.
Questa volta deciso e validato dai Tribunali di un Paese che, poi, chiede ai giovani di avere rispetto e fiducia nelle Istituzioni.