Il ‘SUPERIORE DISINTERESSE DEL MINORE’: la tortura del ‘trattamento obbligatorio’ dei bambini ordinato dai tribunali

La cultura della scellerata ideologia della Sindrome di alienazione parentale (PAS), inventata da un attivista della pedofilia ed entrata come uno tsunami nei Tribunali dei paesi cosiddetti civili, tra i quali l’Italia, porta con sé provvedimenti imposti da magistrati che costituiscono un vero e proprio abuso all’infanzia laddove con questo termine si intenda, come la Scienza definisce ad esempio col  Centers for Diseases Control and Prevention (CDC) di Atlanta, per Abuso fisico “l’uso intenzionale della forza fisica o di strumenti contro un bambino da cui derivano, o da cui potenzialmente possono derivare lesioni fisiche”.[1]

La sciagurata PAS, una volta ‘diagnosticata’, ci si ricordi che in un passato molto recente, si è anche tentato di codificarla come ‘sindrome’ e di collocarla all’interno del DSM-5 e dell’ICD 11,[2] viene ‘curata’ con trattamenti ordinati, dal tribunale, per madre e bambino (nella quasi totalità dei casi riguarda, infatti, le madri).

Tali ‘trattamenti’, così come proposti da Gardner e come promulgati dai suoi discepoli, sono tesi a forzare madre e figli al rapporto col padre.

La terapia, ribattezzata dagli psichiatri spagnoli come ‘terapia della minaccia’,[3] parte, infatti, da minacce ed intimidazioni rivolte a madri e figli di interruzione dei loro rapporti, limitazione dei contatti, inversione della custodia etc… se questi non mostrano disponibilità, affetto e rispetto verso il padre e collaborazione verso gli operatori ed il tribunale.

Generalmente, nella prima fase, vengono forzati gli incontri, anche in forma ‘protetta’, le ‘psicoterapie’ dai contenuti mai chiariti, i ‘supporti psicologici’ non si sa di quale tipo, ma comunque tesi a forzare l’affettività e l’emotività di madre e bambino.

Nella seconda fase, se la prima è infruttuosa, si arriva ad ordinare il brusco distacco del bambino dalla madre o comunque dal genitore col quale egli vuole stare, per ‘resettare’ il fanciullo.

Il ‘resettaggio’ prevede l’allontanamento forzato, coercitivo, anche con le forze dell’ordine, anche con abbattimento delle barriere, mobili ed immobili, che significa abbattere porte, irrompere in un luogo frequentato dal bambino, allontanare le persone con la forza per poi prelevarlo, esattamente come si vede nei film e come era attuato dal regime nazifascista per il prelievo di ebrei e dissidenti. Al prelievo segue l’isolamento del piccolo in un ambiente sconosciuto, con persone sconosciute, anche molto lontano dal suo precedente ambiente di vita, con contatti forzati col genitore col quale egli non vuole stare e del quale ha paura.

Spesso i contatti con la madre e con tutto il mondo precedente vengono totalmente bloccati: visite, telefonate, videochiamate, sparisce tutto. Il bambino viene poi sottoposto, forzatamente, a ‘terapie’ anch’esse mai chiarite, a tecniche di ‘lavaggio del cervello’, tese a sradicarlo, anche emotivamente, dall’ambiente dove egli è nato e cresciuto ed a forzare la relazione col genitore che egli rifiuta, quasi sempre il padre. Nel bambino viene indotta una vera e propria scissione mentale, tra il padre cattivo che lui in qualche modo ha vissuto (si pensi a episodi di violenza assistita ad es. più che sufficienti per indurre un rifiuto) ed il padre buono che viene a lui forzatamente dipinto nel contempo di una madre inadeguata, cui lui è invece affezionato e che reputa ‘buona’.

Un trattamento di questo tipo configura una sorta di un vero e proprio Trattamento sanitario obbligatorio (TSO fuori ordinanza), un trattamento simil-carcerario, che presenta tutte le caratteristiche della tortura e della violenza. Tutto ciò sulle spalle di un bambino.

Tale trattamento porta con sé perlomeno due gravi traumi:

  1. quello legato alla brusca interruzione delle relazioni precedenti, nella loro interezza, legami affettivi stabiliti con le persone, con l’ambiente, casa, strada, i vicini di casa, la camerina, il proprio letto, le proprie cose, i giochi, la scuola, gli insegnanti, l’ambiente sportivo, la chiesa, gli scouts, gli amici, il pediatra etc.. il cui impatto sul bambino non viene minimamente valutato;
  2. quello legato al contatto drammatico e forzato, senza possibilità di uscita, ad un ambiente completamente nuovo, sconosciuto, con persone nuove, ignote, con routine e comportamenti nuovi.

Il nuovo infatti, per definizione, incute paura. Se il nuovo riguarda ‘il tutto’, senza neanche un appiglio al mondo precedente, è come risvegliarsi improvvisamente su Marte. E non si può non essere travolti da una angoscia infinita.

Se questi due traumi, già insopportabili per un adulto, si abbattono su un bambino quello che ne deriva è, con certezza, uno shock di immensa portata, una lesione di enorme potenzialità lesiva, certamente inguaribile. Il bambino cade in una profonda angoscia, è disperato e perso, vive uno stress immenso e continuato, un terrore infinito che non ha eguali nell’età adulta, di per sé caratterizzata da altri strumenti di compenso.

Un trattamento di questo tipo configura una violenza di Stato, una condanna ad una vera e propria tortura per i caratteri dell’isolamento, della coercizione, della inumanità.

Gli operatori che lo ordinano, hanno coscienza della potenzialità lesiva di tale trattamento su un bambino, perché praticamente sempre ordinano anche il ‘supporto psicologico’ richiamandosi al ‘difficile cambiamento’ etc.

Ordinare un trattamento che per definizione lede così un bambino causandogli una sofferenza inimmaginabile ed un trauma gravissimo ed irreversibile, tanto da richiedere fin da subito la programmazione di una terapia di sostegno è, con evidenza estrema, fuori da qualunque valutazione bioetica, obbligatoria e necessaria per ogni trattamento sulle persone, che si voglia ipotizzare né può intendersi corrispondere ‘al supremo interesse del minore’.

Non siamo, quindi, fuori solo dai libri di medicina o di psichiatria, siamo fuori dall’ordinamento, da tutte le convenzioni, dalla Costituzione e dalle dichiarazioni dei diritti dell’uomo e del fanciullo.

La consapevolezza che i magistrati hanno del danno che infliggono al bambino è drammatica e sconvolgente. Una condanna a profonda sofferenza, coscientemente imposta! Priva di qualunque conforto scientifico, anzi, aborrita dalla Scienza.

Tale trattamento viene nella totalità dei casi ordinato per evitare un ‘rischio evolutivo’ nel quale incorrerebbe il bambino se egli non frequenta il padre, rischio evolutivo, ipotetico, mai dimostrato, totalmente fantasioso, che sarebbe addirittura più grave del trauma imposto per legge al bambino dalla sentenza del giudice, anche ciò senza alcuna valutazione scientifica.

La situazione è, quindi paradossale.

  1. Il rischio evolutivo legato alla mancanza della figura paterna, non è mai stato dimostrato;
  2. Il trattamento proposto per evitare tale fantasmatico rischio, è francamente, esclusivamente e permanentemente lesivo e con certezza scientifica;
  3. Nonostante ciò, tale ‘terapia’ viene imposta ugualmente, sfidando tutta la normativa, l’ordinamento, la Scienza.

Una decisione di tale tipo, sulle spalle di un bambino, non sarebbe MAI permessa in ambito sanitario o scolastico, perché priva di qualunque dato scientifico di conforto, e condannata da qualsiasi valutazione bioetica.

Si tratta di una procedura non ammissibile e rigettata dai codici deontologici.

Come la PAS è stata paragonata a teoria ‘nazista’ per il tipo di valutazione del ‘reo’, in una recente sentenza della cassazione,[4] così lo è il suo trattamento, propugnato da psicologi e medici ad onta dei propri codici deontologici ed ordinato da magistrati ben consci del danno che infliggeranno ad una creatura, figlio di una cultura dove i bambini non sono persone, non hanno diritti, sono oggetti da spostare e piegare a piacimento, ordinando torture e violenze inumane.

 

 

[1] Gilbert R et al. Burden and consequences of child maltreatment in high-income countries. Lancet 2009;373: p. 68–1

[2] Rispettivamente Manuale dei disturbi mentali dell’uomo e Classificazione internazionale delle malattie dell’uomo

[3] Terapia della amenaza

[4] Corte di Cassazione 1° sez. civile ordinanza 13217/2021

 

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