E di nuovo ping pong di bambini

Dicono che la Corte di Appello di Brescia abbia nuovamente disposto il collocamento del bambino di cittadella dal padre con tempi pari divisi a metà con la madre: in sostanza metà mese in una città, metà mese in un’altra a 80 km (così dicono). La PAS l’abbiamo levata di mezzo, ed anche la casa famiglia. E non è  poco. Ma di nuovo il bambino è un oggetto in mano ai Giudici che decidono per lui, di nuovo un “oggetto di cure” anziché “soggetto da tutelare“? Certamente con la volontà di averne cura e tutelare i suoi interessi ma…su cosa si basa la decisione di questi Giudici? C’è una valutazione scientifica di tale soluzione o stiamo remando a braccia per poi….stare a vedere? Ed il bambino è stato, almeno stavolta, ascoltato? Il suo volere accontentato e rispettato? Alla prima domanda rispondo che in letteratura non ho trovato NIENTE che giustifichi una tale disposizione. Anzi, gli inglesi sostengono che il “shared time” è una delle soluzioni possibili, ma solo quando i genitori vanno molto d’accordo, sono fortemente capaci di cooperare, quando non vi sono situazioni pendenti di attrito e quando, soprattutto, le case sono vicine permettendo il libero accesso del bambino di qua e di là, se si dimentica un libro fa una corsa e continua a frequentare la sua comunità. Soluzione che può andare benissimo per gli adolescenti, che, spesso vi arrivano da soli. Tale soluzione è a volte, infatti, il punto spontaneo di arrivo di molti genitori che, sostanzialmente, riescono ad interagire tra loro e dei ragazzi stessi se la vedono soluzione accettabile, ad es. per le loro relazioni sociali. Uguale, concludono gli inglesi, non c’è bisogno che siano i Giudici a proporla, vi arriva spontaneamente la famiglia. In tutti gli altri casi, gli inglesi (University of Oxford Department of Social policy and intervention. Caring for children after parental separation: would legislation for shared parenting time help children? May 1022) sconsigliano che sia imposta da un Giudice perché può esser di grave danno al bambino.

Io spero che quella famiglia abbia trovato spontaneamente accordi e soluzioni, ma sembra così strano, a poche settimane da quel dramma infinito che abbiamo visto in tv. Rimaniamo col dubbio che essa sia di nuovo una imposizione senza valutazione contestuale dei fatti e dello stato delle cose.

Punto 2)  non ho dati al riguardo! Mi pare strano, molto strano che un bambino così maltrattato (prelievo forzato con la forza pubblica, mesi senza contatti con l’adulto di riferimento -la madre, mesi di interruzione dei suoi rapporti familiari e sociali -nonni, scuola, chiesa, amici etc), riportato finalmente alla sua situazione sociale per un mese e mezzo forse meno…..possa aver chiesto di esser nuovamente sradicato dalle sue sicurezze per metà mese facendo avanti e indietro come un pacco postale! Con un menage così pesante davanti? Peggio di un pendolare. E si può pensare che a 10 anni un bambino, anche se lo avesse chiesto, veramente si immagini che vita avrà davanti….con tutti questi viaggi in macchina ed in treno, interruzione di contatti, valigie e sgomberi.. E gli amici? Come la mettiamo con gli amici e la scuola e le altre attività? Così importanti nei pre-adolescenti? In accordo con gli australiani anche gli inglesi ritengono che lo “shared time ” (almeno il 30-50% del tempo con entrambi i genitori) possa aggiungere difficoltà pratiche ed emotive al complesso vissuto del bambino. Dopo il trauma subito che certamente lascerà tracce profonde nella sua vita anche da adulto, forse un po’ di pace sarebbe stata importante, forse un po’ di sforzo da parte di quel padre anche solo per rimediare un po’ al profondo dolore che quella azione ha inferto, sarebbe stato auspicabile anche proprio per quel rapporto padre/figlio, se non per il resto. Nessuno ritiene che una buona genitorialità sia legata ad un ammontare di tempo. Il concetto di padre padrone non ha un gran destino! E l’amore ed il rispetto non li impone un provvedimento del giudice! La prudenza, l’attesa, l’ascolto, il rispetto……ottengono molto di più.